Maria Chiara Arduini + Francesco Zannini
EPISODIO 3
La serie nasce da una collaborazione tra Maria Chiara Arduini e Francesco Zannini che sono amici da tanto tempo.
Tutto è iniziato dal bisogno di raccogliere storie di persone che abbiamo conosciuto insieme, selezionando quelle che colpiscono a primo impatto entrambi. Sono storie sempre legate a persone che lavorano con la terra, che coltivano i campi, che vivono coscienti che esserci è essere a contatto con il mondo. Abbiamo scelto loro perché, fra tutti, sono le più capaci di amare in maniera semplice. Le raccontiamo insieme perché ci sono occhi che non si possono descrivere a parole e ci sono dolori che non si possono fotografare.
Nel terzo episodio essere il proprio volto è saper accettare il tempo.
È la storia di Margherita, che ci fa vagare nella sua casa per raccogliere i pezzi della sua vita.
Qualcosa si sfalda, strappato il laccio del tempo.
È una cosa paziente la vita, ha corde
leggere e tremende di cose perdute.
Schiene appoggiate per restare un istante,
tempo che hai tolto tempo alla fine.
È una cosa pulita la vita, si crede perfetta
mano che ha costruito una casa.
Ma si rompe la rete e non si sapeva
che proprio tu dovevi vederle finire
quelle cose che sembrano stelle.
È meglio buttare e costruire da capo
o tenere la vita rotta com’è,
non avere più luogo ma dire c’è stato
un posto che sapeva reggere il peso.
Qualcosa si sfalda, con te anche il resto
porta il segno di cosa rimane,
cosa è stato e diventa un silenzio.
Hai aspettato un uomo per ogni estate
sperare che tornasse sempre se stesso
per te ch’eri d’oro, per te così timida e bionda,
per te Santa Teresa con occhi più grandi,
dolcezza che nascondi in tutti i cassetti.
Il ricordo rimane a chi aspetta,
un uomo, la morte o un figlio che torna.
È ancora importante essere vivi
sapere che torna come un bacio
un mattino che apre i sogni degli angeli.
Rivivere il giorno della creazione
sa farlo solo chi muore – nostalgia della luce
e di quello che non si può più amare.
C’è un tempo per raccogliere quello che sei,
ogni istante di quello che eri,
perché tutto sia un giorno solo tua immagine.
Eri una che guardava sempre lontano
a sinistra il futuro a destra il passato.
A voltarti adesso c’è una ragazza
dice che eri bella come tua madre,
bella come l’origine, il mare nei giorni
che non vuole staccarsi dal cielo.
Ora sei bella di un nuovo tramonto,
sostare nel vuoto dell’essere-per
qualcuno che vuole ancora sapere
perché tutto muta e non muta
la tristezza di fine giornata,
come fermarsi in chiesa in ginocchio
chiedere cosa è mancato a tutta la vita.
Aspettare la morte è impossibile,
adesso il tuo corpo
fa il conto degli anni al contrario,
diventa un mistero che ingombra le stanze
vuote di figli, di cani e speranze.
Fotografie, Francesco Zannini
Poesia, Maria Chiara Arduini